Il TAR sull'Inceneritore di Albano Laziale

Il 21 luglio scorso il Tar del Lazio ha nuovamente mutato la sua posizione relativamente alla costruzione di un inceneritore presso il Comune di Albano, opera di cui si parla dal 2007 e che ad oggi non ha ancora trovato realizzazione.

Secondo quanto disposto la sentenza, l’inceneritore potrà essere costruito utilizzando mezzo miliardo di soldi pubblici, nonostante l’Unione Europea, già dal 1° gennaio 2009, avesse stabilito che i fondi pubblici non possono più essere destinati ad impianti di incenerimento dei rifiuti urbani. I soldi potranno provenire dai fondi CIP-6, ossia quelli provenienti dal finanziamento delle energie rinnovabili.

Della costruzione di un inceneritore nella zona di Albano Laziale, per la precisione nella località di Roncigliano, nella circoscrizione di Cecchina, si parla da quasi dieci anni. In quell’area è già presente una discarica che si pone come complementare a quella di Malagrotta e sin dal 2007 il Consorzio Co.E.Ma., costituito dal gruppo Cerroni, dall’Acea e dall’Ama, sta tentando di procedere alla costruzione di quello che oggi chiamiamo termovalorizzatore.

Il progetto ha fin da subito trovato la forte opposizione della popolazione locale, che dal primo momento ha tentato di ostacolare in ogni modo l’approvazione e poi l’eventuale inizio dei lavori, mediante manifestazioni in loco, sit in e petizioni. È stato perfino creato un sito internet ove poter consultare il programma della protesta e confrontarsi quotidianamente con il disagio e con gli studi sugli svantaggi, e soprattutto sui danni alla salute, del termovalorizzatore.

Insomma, i cittadini albanensi non hanno certo gradito l’idea di piazzarsi in casa un impianto volto all’incenerimento dell’immondizia e hanno lottato sino all’ultimo per rendere ben note le proprie posizioni.

In un primo momento, nel 2013, il Tar del Lazio aveva assunto posizioni diverse rispetto alla costruzione dell’inceneritore, rigettando con ordinanza del 29 marzo 2013 il ricorso presentato dall’amministrazione comunale proprio relativamente all’inizio dei lavori dell’impianto. Già allora tuttavia vi era stata poi una marcia indietro da parte del Consiglio di Stato, che a sua volta aveva sospeso la predetta ordinanza, chiedendone l’annullamento.

In sostanza, prima il Tar aveva dato il via libera ai lavori, sottolineando l’assenza di qualsivoglia rischio per la salute pubblica, poi, nel corso del secondo grado di giudizio, il Consiglio di Stato aveva invece affermato che i lavori non potevano essere iniziati fino a quando non vi fosse stata certezza in merito all’assenza di rischi ambientali.

Circa dieci anni di partenze e ritorni, di tele fatte e disfatte, con un turbinio si scelte e contraddizioni degno delle personalità più complicate.

Ai cambiamenti repentini di opinione da parte della magistratura amministrativa si è aggiunta poi la politica, che di volta in volta ha tentano di cavalcare, come sempre, il cavallo vincente, con dichiarazioni a favore o contro il termovalorizzatore fornite sulla base dei labili umori della piazza. Nel 2013 la Regione Lazio aveva dato il suo assenso all’inizio dei lavori, prima che intervenisse la sospensiva del giudice amministrativo, nonostante ad oggi il presidente dichiari la sua contrarietà a tale opera che non terrebbe conto delle esigenze del territorio.

La sentenza del Tar sull'inceneritore

Dopo il lungo percorso condotto dagli avvocati sul territorio di Albano, il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio è tornato nuovamente sulla vicenda, a seguito della presentazione di un ricorso da parte del Consorzio Co.E.Ma., con il quale quest’ultimo intendeva contestare l’annullamento ad opera del Ministero delle Sviluppo Economico della Convenzione preliminare tra il GSE (Gestore Sevizi Energetici) e il Consorzio stesso, stipulata nel 2009 ed avente ad oggetto proprio la costruzione del termovalorizzatore.

Secondo il Ministero i lavori non avrebbero potuto essere finanziati con fondi pubblici in quanto compatibilmente con le disposizione in materia dell’Unione Europea ciò non sarebbe più stato possibile dal 1° gennaio 2009 e, secondo il Ministero, a quella data i lavori in questione non erano ancora iniziati.

E infatti, la contestata Convenzione si fondava proprio sul presupposto che i lavori fossero incominciati il 29 dicembre 2008, prima del termine di entrata in vigore della citata normativa europea, nonostante i rilievi fotografici dimostrassero il contrario.

Sebbene il discusso punto sull’avvio del cantiere prima o dopo il termine che avrebbe negato l’utilizzo di fondi pubblici sembrasse propendere verso una soluzione negativa per il Consorzio, il Tar ha nuovamente ribaltato tutto con la sentenza dello scorso luglio.

Questa volta i giudici amministrativi hanno dato ragione al ricorrente, consentendo la stipula della Convenzione definitiva, sulla base della circostanza che quella preliminare si riferiva ad opere incominciate prima del 2009. Oltre a poter mandare avanti il cantiere, il Consorzio potrà inoltre avvalersi dei finanziamenti statali per le energie rinnovabili (anche se di rinnovabile sembra esserci poco).

A questo punto l’iniziativa, e il destino dei cittadini di Albano, passerà per le mani della Regione Lazio, la quale dovrà redigere un piano rifiuti da sottoporre all’approvazione del Consiglio regionale. Solo se tale piano prevedrà l’inceneritore di Roncigliano e, soprattutto, se sarà approvato, allora si potrà proseguire il cammino che conduce all’innalzamento di un termovalorizzatore in piena zona dei castelli romani.

Riflessioni sui rifiuti ai Castelli Romani

Le diverse posizioni assunte dalla giustizia nella vicenda in oggetto di certo non tranquillizzano e non forniscono sensazioni positive e di fiducia nell’ordinamento italiano.

Si discute di un progetto da più di dieci anni ormai, che non sono niente se paragonati alla Salerno-Reggio Calabria, ma che al contrario sono inquietanti se si pensa in generale alle grandi opere e all’esito degli investimenti e delle idee nel nostro paese.

È vero, in questo caso non stiamo certo parlando di un filantropo venuto da chissà quali lidi per sviluppare un progetto meritevole sul nostro territorio, si tratta piuttosto di un gruppo che intende porre in essere l’ennesima speculazione, l’ennesima occasione per far uscire denaro dalle casse dello Stato e farlo finire in quelle di qualche privato con conoscenze migliori rispetto ad altri. Ma è anche vero che, prescindendo per un attimo dall’opera cui si fa riferimento, non può esservi un paese in cui la macchina giustizia cambia idea ogni 5 minuti, ritenendo legittimo ciò che fino a ieri non considerava tale.

Tutto ciò non fa che aggravare la sensazione di precarietà e inaffidabilità che aleggia in ogni ambito italiano, con l’inevitabile conseguenza di far sì che si arrivi alla fine a una paralisi.

Per il momento, con buona pace di chi si sta facendo in quattro per battersi e protestare, pare che l’inceneritore si farà, ma chissà, nell’arco dei prossimi mesi o dei prossimi anni potrebbe di nuovo cambiare tutto. Una nuova sentenza, una nuova legge, un nuovo orientamento giurisprudenziale o un parere delle istituzioni; tutto qui può sempre intervenire a trasformare il bianco in nero o viceversa.

Tags: Albano Laziale, Sentenze

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