Minacce allo Studio di un Notaio ad Ariccia

In data 23 settembre 2015 veniva eseguita dagli agenti del Commissariato di Albano Laziale un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Velletri, nei confronti di un uomo di 42 anni, residente a Segni, accusato, oltre che dell’aver posto in essere numerosi episodi di minaccia nei confronti di un Notaio con studio nel centro di Ariccia, di aver tentato di incendiare lo studio stesso.

Esecuzione Immobiliare Tribunale di Velletri

Il folle gesto dell’uomo poggiava le basi su una procedura di esecuzione immobiliare, pendente innanzi al Tribunale di Velletri, seguita in qualità di professionista delegato alla vendita proprio dal Notaio suddetto, vittima del tentativo di incendio.

Il quarantaduenne, come detto proveniente da Segni, aveva manifestato l’interesse all’acquisto di un immobile messo all’asta in seguito al suo pignoramento e all’inizio della relativa procedura di espropriazione forzata e, per tale ragione, si era recato presso lo studio notarile in cui si sarebbe dovuta eseguire la vendita all’incanto.

In questa occasione egli si era sin da subito posto con modi minacciosi già nei confronti della segretaria del Notaio, con lo scopo di ottenere informazioni riservate sull’immobile, che nè il professionista né la sua assistente avrebbero potuto fornirgli.

Con forte disappunto, l’uomo si allontanava dallo studio, progettando la vendetta per quella che a suo avviso era stata una grave mancanza di rispetto; dopo poche ore ritornava con una tanica colma di benzina, pronto ad appiccare il fuoco all’intero studio, ponendo in pericolo la vita stessa delle persone che lì lavoravano.

L’uomo, tuttavia, non si avvedeva della presenza di un circuito interno di telecamere che nel frattempo aveva provveduto a immortalare la sua immagine e a registrare l’intero accaduto.

Le ragioni della rabbia da cui si è originata l’idea della vendetta vanno rintracciate in quello che, a quanto pare, era un fortissimo desiderio dell’uomo di aggiudicarsi l’immobile in oggetto, anche a costo di costringere il professionista delegato alla vendita a divulgare informazioni non conoscibili dai terzi.

L’esecuzione forzata è disciplinata in generale dagli articoli 483 e ss. del codice di procedura civile, che ne contempla varie tipologie; tra queste vi è l’esecuzione immobiliare, che ha origine con il pignoramento da parte del creditore di uno dei beni immobili del debitore.

L’obiettivo perseguito in questo caso è quello della vendita forzosa del bene, con o senza incanto, e della successiva attribuzione del ricavato al creditore, ovviamente nei limiti del credito vantato. Eventuali somme residue verranno restituite al debitore proprietario del bene immobile.

L’art. 534 bis c.p.p. consente al giudice dell’esecuzione, ossia il giudice competente rationemateriae, di delegare un notaio, un commercialista o un avvocato, preferibilmente operanti nell’ambito del circondario del Tribunale competente per l’esecuzione, affinchè si occupino delle operazioni di vendita del bene, con o senza incanto.

In questa situazione il prezzo del bene viene ribassato e, qualora i primi incanti vadano deserti, il costo è ulteriormente ridotto. Ne deriva che l’acquisto di un immobile all’asta, nell’ambito della procedura esecutiva, risulta particolarmente vantaggioso e quindi particolarmente ambito, proprio per la possibilità di acquistare un bene pagandolo meno rispetto a quanto si potrebbe fare alle condizioni di mercato.

Forse questa è la ragione per cui il quarantaduenne di Segni andava incontro all’arresto per un gesto che poteva tradursi in tragedia.

Le registrazioni e la svolta nelle indagini

Sin da subito il circuito di telecamere istallato all’interno dello studio notarile aveva consentito di vedere il responsabile del tentativo di incendio, anche se, benchè apparisse con chiarezza la statura, non era stato possibile identificarlo con certezza.

Le indagini pertanto apparivano non del tutto scontate, ma, anzi, abbastanza complesse.

Gli agenti del Commissariato di Albano avevano incominciato con l’analisi delle carte relative alla procedura immobiliare, nel caso in cui l’autore dei fatti fosse una persona in qualche modo implicata nell’espropriazione forzata, come ad esempio il debitore o un suo famigliare.

Tuttavia, da tale percorso non era emersa alcuna traccia utile all’identificazione del responsabile.

Solo alcuni mesi dopo quei fatti dell’aprile 2015 vi è stata la svolta.

Partendo dal filmato sopraindicato, registrato dal circuito interno di telecamere, gli agenti della squadra anticrimine diretti dal Vicequestore Dott. Sannino hanno proceduto a fermare un sospettato, il quale appariva come fortemente somigliante all’uomo visibile nei video e, perquisendo la sua abitazione, hanno rintracciato l’abbigliamento indossato il giorno in cui questo si era recato all’interno dello studio notarile. G

li indumenti erano infatti ben visibili nelle registrazioni.

Successivamente le forze dell’ordine, ricostruendo la dinamica dell’accaduto, hanno evidenziato le ragioni del gesto: il quarantaduenne, originario del paese di Segni, aveva interesse all’acquisto di un immobile messo all’asta situato proprio nel Comune di Segni e, con tale giustificazione, pretendeva che il notaio incaricato della vendita all’incanto e i suoi collaboratori si piegassero alle sue richieste sui dettagli dell’asta e dell’immobile, insistendo per conoscere anche dati non accessibili alla conoscenza dei terzi.

L’ordinanza di custodia cautelare in Carcere

All’esito delle attività investigative, dopo aver individuato l’autore dei fatti e averlo tratto in arresto, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Velletri chiedeva al Gip l’applicazione della misura cautelare personale più grave e afflittiva, ossia quella della custodia cautelare in carcere.

Va ricordato che i presupposti per l’applicazione di tale misura, che nel nostro ordinamento dovrebbe rappresentare un’extrema ratio cui ricorrere soltanto in caso di inidoneità di tutte le altre misure cautelari, sono essenzialmente tre: in primo luogo l’essere accusati di un reato per il quale la legge prevede la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni; in secondo luogo la sussistenza di un’esigenza cautelare, che può esser rappresentata dal pericolo di fuga, dal pericolo di inquinamento probatorio o dal pericolo di reiterazione del reato e, infine, dalla presenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato.

Nel caso di specie il Gip ha ritenuto esistenti tutti gli elementi, dovendosi rammentare che, per ciò che concerne il presupposto della quantificazione di pena, esso era perfettamente integrato, attesa la statuizione dell’art. 423 c.p. che contempla per il delitto di incendio la pena della reclusione da tre a sette anni.

Il 23 settembre 2015 veniva quindi eseguita nei confronti dell’uomo di Segni l’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Fuga o distruzione di Prove

Ad essere onesti, la misura applicata nel caso sopra descritto appare più punitiva che cautelare.

L’obiettivo dell’applicazione delle misure cautelari, infatti, è un altro, ossia quello di scongiurare che l’esito del processo di merito possa essere in qualche modo pregiudicato, alterato o frustrato dal verificarsi di alcuni episodi come la fuga o la distruzione delle prove. È in questo senso che trova giustificazione la carcerazione preventiva, pur in un ordinamento che vede il principio di non colpevolezza sino alla sentenza definitiva ben cristallizzato nella propria Costituzione.

Eppure in questo caso qualche cosa manca. Non sembra che vi potesse essere un’alterazione di una prova già formata, né che il soggetto potesse darsi alla fuga. Forse alla base dell’ordinanza è stato posto il pericolo di reiterazione del reato e dunque la carcerazione ha avuto lo scopo di proteggere la persona offesa. Ma veramente essa era l’unica via possibile come vorrebbe la legge? Veramente tali esigenze non potevano essere scongiurate attraverso altre misure, quale ad esempio gli arresti domiciliari?

Forse alcune misure meriterebbero ponderazioni maggiori prima di essere adottate, o comunque ci si aspetta che un giudice decida secondo giustizia e non secondo vendetta.

In caso contrario nulla lo distinguerebbe dal primo delinquente che passa.

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