Sequestro ad Anzio contro la ‘Ndrangheta

Nei primi giorni del novembre 2015 è giunto a destinazione il provvedimento emesso dalla Sezione Misure e Prevenzione del Tribunale di Roma, con il quale si è disposta l’applicazione della sorveglianza speciale per 11 persone appartenenti al clan Gallace, tra cui Angelo Gallace, Liberato Tedesco, Romano Malagisi, Bruno Gallace, Giuseppe Antonio Gallace, Marco Pacini, Antonio Gallace, Francesco Taverniti, Agazio Gallace e Paolo Riitano, che operavano prevalentemente ad Anzio e Nettuno.

Al contempo, è stato disposto il sequestro di una ditta individuale, delle quote sociali, del capitale sociale e dell’intero patrimonio aziendale di un’altra società, nonché di dieci tra fabbricati e terreni, sei autoveicoli, rapporti bancari, postali assicurativi e azioni, per un totale di circa 800.000 euro.

Associazione di stampo mafioso, omicidio, traffico di droga

I superiori provvedimenti sono stati adottati nei confronti di persone accusate di reati di vario genere: il Tribunale di Velletri li aveva difatti condannati in primo grado, poco prima dell’esecuzione delle misure sopra indicate, per associazione di stampo mafioso, omicidio, traffico internazionale di sostanze stupefacenti e violazione della legge sulle armi.

Una vera e propria organizzazione criminale che non ha mai fatto mistero dei suoi collegamenti con il meridione e, in particolare, con la ‘ndrangheta calabrese, cui il clan Gallace, comprendente tutti i membri destinatari delle misure di sorveglianza speciale e di sequestro, appartiene.

Ciò che però rende la vicenda parzialmente diversa dalle altre concernenti i presunti mafiosi con cui in Italia siamo ben abituati a convivere è dato dalla circostanza che tutto è nato da un’indagine della Guardia di Finanza, che aveva notato una certa incongruenza tra le possibilità economiche degli indagati e il loro patrimonio.

Una storia alla “Al Capone”, arrestato per evasione fiscale.

Probabilmente si sarà utilizzato il c.d. spesometro, divenuto strumento nelle mani dell’Agenzia delle Entrate per presumere un certo reddito ogniqualvolta il contribuente effettua un certo valore di spese.

Oltre alle modalità che hanno portato all’identificazione dei soggetti e agli atti di sequestro di beni destinati alla confisca, non si può prescindere dall’evidenziare la gravità dei reati per cui si è proceduto, tra cui emerge con dirompenza quello previsto e punito dall’art. 416 bis c.p., che delinea in sostanza il reato di associazione a delinquere realizzato con modalità di stampo mafioso. Queste sussistono ogniqualvolta gli associati si avvolgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, concessioni, autorizzazione, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti ingiusti per sé o per altri.

In queste ipotesi i colpevoli sono assoggettati alla pena della reclusione da sette a dodici anni.

La norma stabilisce altresì che se le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto o il profitto dei delitti, le pene stabilite sono aumentate da un terzo alla metà e, inoltre, è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato o delle cose che ne rappresentano il prezzo, il prodotto o il profitto, ovvero che ne costituiscono l’impiego.

Le indagini della Polizia Tributaria nell’operazione “Antium”

Le operazioni sono state eseguite dal comando provinciale della Guardia di Finanza di Roma, e in particolare dagli specialisti del Gruppo Investigativo Criminalità Organizzata del nucleo di Polizia Tributaria, che hanno agito nell’operazione denominata Antium con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia.

Le investigazioni erano cominciate nel febbraio del 2014 quando, come detto, le forze dell’ordine si avvedevano della strana incompatibilità tra i patrimoni mobiliari e immobiliari delle persone sottoposte ad indagine e la loro effettiva capacità contributiva sulla base delle dichiarazioni. Dopo non molto erano chiari tutti i precedenti penali e di polizia dei soggetti, i quali risultavano evidentemente una consorteria di ‘ndrangheta operante nel comuni di Anzio e Nettuno e riconducibile al locale di Guardavalle (Cz).

Attraverso le specifiche direttive impartite dalla Procura di Roma, le Fiamme Gialle del Gruppo Investigativo hanno potuto sviluppare dei complessi accertamenti economico finanziarie, giungendo all’individuazione di diversi immobili, oltre che alla costituzione di una ditta individuale e di altre società presumibilmente operanti attraverso i proventi dell’attività delittuosa.

La sorveglianza speciale

Sulla base delle risultanze istruttorie emerse all’esito delle indagini, il Tribunale di Roma, Sezione Misure di prevenzione, ha applicato nei confronti degli indagati delle misure di sorveglianza speciale.

Dette misure sono state previste dal legislatore nell’ambito della lotta al terrorismo, del traffico degli stupefacenti e della criminalità organizzata.

La sorveglianza speciale rappresenta una misura tipica che può essere eseguita dopo l’avviso orale da parte del Questore: si tratta di un’esortazione al soggetto, che può essere effettuata anche da un delegato, a cambiare condotta, adottando un comportamento conforme alla legge. Eseguito l’avviso, dopo sessanta giorni e comunque prima di tre anni, il Questore può chiedere al Presidente del Tribunale competente l’applicazione della sorveglianza speciale, qualora l’interessato non si sia adeguato alla richiesta di cambiamento di condotta.

Il giudice decide con procedimento in camera di consiglio, in contraddittorio tra le parti e, se accoglie la richiesta, stabilisce anche la durata della misura, la quale non può essere inferiore a un anno né superiore a cinque.

La sorveglianza consisterà nell’impartire ai soggetti delle prescrizioni relativamente agli orari e ai luoghi da frequentare; tutto sarà annotato su un libretto da esibire a richiesta dell’autorità di pubblica sicurezza. Trasgredire le prescrizioni configura un reato. La materia è tipicamente penalistica.

Oltre alla misura di sorveglianza speciale, nei confronti di cinque degli indagati si è anche proceduto ad un maxi sequestro patrimoniale, di beni mobili e immobili, nonché di partecipazione societarie per un valore come sopra indicato pari a euro 800.000.

Il litorale laziale preso di mira

Su tutto il litorale laziale, purtroppo il Comune di Anzio non è l’unico ad aver rappresentato un luogo invitante per l’investimento di capitali illeciti; si pensi ad esempio alla località di Ostia, o anche alla vicina Nettuno, che come Anzio è stata vittima delle operazioni di sequestro. Lungo il mare gli affari sono sempre buoni, specie se le località si prestano ad una frequentazione notturna o comunque balneare e turistica.

Non sono escluse dal problema le località di Ardea, Torvajanica, sino ad arrivare alle molto complicate Formia e Gaeta, pienamente inserite in un contesto partenopeo che assorbe il peggio delle tradizioni campane.

Tutte le volte in cui ci si reca al mare, è possibile che pagando un ombrellone, un lettino o una sdraio, si stia contribuendo ad ingrassare le tasche di qualche malfattore. Così come si fa quando ci si reca a bere un cocktail: è divenuta qualche tempo fa nota, grazie alla trasmissione di inchiesta Report, la notizia per cui il noto Faber Beach di Ostia avrebbe pagato al Comune 500 euro l’anno di concessione, in pratica la somma incassata nell’arco di cinque minuti in un sabato sera estivo.

Le forze dell’ordine non possono mai abbassare la guardia, neppure per cinque minuti.

Tags: Anzio , Diritto Penale

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