La Violenza del Pranoterapeuta in Provincia di Roma

Il 9 luglio 2015 l’ex pranoterapeuta più famoso di Lariano veniva raggiunto da un ordine di esecuzione con cui gli si comunicava la traduzione in carcere, in seguito al passaggio in giudicato della sentenza che lo aveva visto condannato a due anni e quattro mesi di reclusione per le violenze commesse nel 2003 su una ragazza che all’epoca aveva soltanto 14 anni.

Neppure un giorno di galera veniva però scontato.


Quando si ha un problema di salute si cerca di risolverlo affidandosi ad un professionista.

Ancor di più se ad avere un problema è una figlia; si cercherà il miglior professionista del paese al fine di affidarla alle cure migliori e alle mani più esperte, senza badare a spese.

Mai ci si aspetterebbe di aver affidato la propria bambina a un mostro.

Nel 2003 una giovane ragazza di Lariano, all’epoca quattordicenne, soffriva di gravi problemi alle articolazioni e, per tale ragione, veniva portata dalla mamma da un pranoterapeuta, il più bravo e noto del Comune di Lariano, con lo scopo di ridurre il dolore della figlia.

Qualche tempo dopo però, non solo i problemi fisici non avevano accennato a migliorare, ma oltretutto la bambina aveva cominciato a dare segni di disturbi non soltanto fisici, fino all’atroce confessione fatta alla madre.

L’uomo indusse la giovane a compiere una serie di strani comportamenti che da ultimo portarono alla violenza.

Nel corso degli incontri, che sarebbero dovuti servire a calmare i dolori fisici della ragazza, il pranoterapeuta pian piano, operando sulla sua fragile psiche, la convinceva di essere posseduta dal demonio, facendole credere che se non avesse fatto tutto ciò che egli chiedeva, la presenza satanica non sarebbe più uscita dal suo corpo e non avrebbe mai conosciuto l’amore e l’innamoramento.

Frasi che, se fossero estrapolate dal loro contesto drammatico, farebbero addirittura sorridere per la loro assurdità.

Inferiorità Psichica della giovane paziente

Eppure, le minacce fatte a ogni occasione alla ragazza, finivano col sortire degli effetti, trattandosi di un’adolescente di quattordici anni certamente posta in una posizione di inferiorità psichica rispetto all’adulto che avrebbe dovuto curarla.

L’uomo la convinceva, durante le sedute, a spogliarsi completamente, a bere una sostanza liquida che in seguito le provocava stordimento e vomito e a subire palpeggiamenti in varie parti del corpo.

La ragazza, benchè profondamente provata e confusa, riusciva comunque a trovare il coraggio di parlarne con la madre, la quale, ovviamente a sua volta sconvolta, provvedeva immediatamente ad allertare l’autorità.

Avvocati impegnati in un lungo processo Penale a Velletri

L’uomo veniva accusato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Velletri.

Si apriva dunque un lungo processo che coinvolgeva più Avvocati Penalisti per il reato di atti sessuali con minorenne, previsto e punito dall’art. 609 quater c.p.; esso prevede la stessa pena applicata in caso di violenza sessuale, ossia la reclusione da cinque a dieci anni, per chi compia atti sessuali con persona che, al momento del fatto, non abbia compiuto gli anni 14, ovvero non abbia compiuto gli anni 16 quando il colpevole sia l’ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente o il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, educazione, di istruzione, di vigilanza e di custodia, il minore sia stato affidato.

Nei casi ritenuti di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi.


Ciò detto, l’uomo veniva condannato dopo un difficile processo alla pena definitiva di due anni e quattro mesi di carcere, non assoggettabile quindi al beneficio della sospensione condizionale perché superiore ai 24 mesi.


L’esecuzione della Carcerazione del condannato

L’art. 656 c.p.p. disciplina la fase esecutiva della pena detentiva, stabilendo che, dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, il pubblico ministero emette un ordine di esecuzione con il quale dispone la carcerazione del condannato.

Esso contiene le generalità della persona nei cui confronti deve essere eseguito e tutte le informazioni utili all’identificazione, nonché l’imputazione, il dispositivo del provvedimento e le disposizioni necessarie per l'esecuzione.

Detto ordine, oltre ad essere consegnato al condannato, viene notificato anche al suo difensore.

Usualmente, dopo la notifica, l’interessato ha un termine di trenta giorni per formulare un’istanza di applicazione delle pene alternative, quali ad esempio l’affidamento in prova ai servizi sociali. Ma ciò non è consentito per tutti le tipologie di reato; tale facoltà è infatti esclusa, tra le altre ipotesi, quando si procede per reati concernenti la violenza sessuale.

Ne deriva che, in questi casi, l’ordine di esecuzione non viene previamente consegnato in copia al condannato, ma direttamente eseguito, con la conseguenza che egli sarà direttamente tradotto in carcere per l’inizio dell’esecuzione della pena.

Tuttavia, sebbene per il pranoterapeuta di Lariano le porte della casa circondariale si sarebbero dovute aprire il 9 luglio 2015, così non è stato, o, più precisamente, le porte si sono aperte e richiuse subito dopo, con l’effetto di far scontare al molestatore solo poche ore di carcere.

Ciò avveniva per l’effetto del decreto legge n. 92/2014, che all’art. 8 introduceva la possibilità di sottrarsi al carcere per le pene inferiori ai tre anni di reclusione.

Ciò significa che, nei casi in cui la pena sia inferiore ai tre anni, l’interessato potrà formulare istanza al giudice affinchè decida se eventualmente commutare la condanna carceraria.

E questo è quanto è successo nel caso di specie per il condannato.

Processi Penali inutili

Il problema della fase post condanna e della certezza dell’esecuzione della pena è un problema che nel nostro paese è quanto mai attuale e pressante, pur essendo concretamente pochi gli interventi diretti ad una riforma organica del sistema esecutivo.

Quando si parla di riforma della giustizia, o di interventi legislativi in materia di sanzioni, usualmente si tratta di modifiche a fattispecie penali.

Si inaspriscono le pene, si fanno proclami relativi all’inserimento di nuovi reati, che aumenteranno le condanne e di conseguenza fungeranno da deterrente e saranno utili alla riduzione di questo o di quell’allarme sociale. Chi ascolta è felice, viene sedotto da tali editti urlati a gran voce e, magari, chi li fa acquista in questo modo qualche voto.

Eppure nessuno pensa alla fase successiva. Nessuno si interroga su cosa ne sarà delle condanne. Il nodo sta tutto qui: le fattispecie possono anche proliferare, ma l’unico effetto che si otterrà sarà quello di intasare le procure, costrette ad indagare e svolgere indagini, nonché ad esercitare l’azione penale e a portare avanti processi per le più svariate condotte.

Avvocati penalisti impegnati per anni in lunghi processi per sbrogliare il bandolo della matassa.

Le condanne cui eventualmente si giungerà difficilmente potranno essere scontate nella loro totalità.

La contraddizione che attanaglia il nostro legislatore è proprio questa: da un lato non si fa altro che annunciare nuovi reati e l’inasprimento delle pene per quelli già esistenti, dall’altro lato, consapevoli dell’impossibilità logistica di accogliere detenuti, si introducono misure che consentono, mai come adesso, il facile accesso a pene alternative e alla detenzione domiciliare.

Come dire, ti condanno di più ma ti punisco di meno.

Si privilegia il richiamo per il popolo, il famoso specchietto delle allodole, incuranti del fatto che ciò influirà inevitabilmente sulla certezza della pena.

E allora ci si chiede che senso abbia continuare a cercare condanne se poi non si fa nulla per cercarne l’esecuzione.

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