Spaccio di droga fra Segni e Artena
All’alba del 31 marzo 2014 scattavano nel territorio di Segni 14 arresti, con altrettante ordinanze di applicazione di misure custodiali a carico degli appartenenti di due diverse organizzazioni criminali, operanti nelle aree di Segni ed Artena.
Gli arresti intervenivano all’esito di quella che veniva definita Operazione Pizzutella, dal nome di una varietà di uva molto diffusa nell’area interessata.
Un’operazione per debellare la malvivenza fra Segni e Artena
Con tale operazione i Carabinieri di Colleferro mettevano fine, o almeno così si spera, ad un giro di spaccio che da tempo si era radicato nei paesi di Segni e di Artena, costruito giorno dopo giorno attraverso minacce ed estorsioni che consentivano all’associazione criminale di recuperare i propri crediti sul mercato della droga e di continuare a piazzare la propria merce, oltre ad una serie di attività collaterali svolte per investire la liquidità in questo modo reperita.
Dalla ricostruzione dei fatti emergeva un volume d’affari piuttosto cospicuo.
Si calcolava infatti la vendita di circa 400 dosi di cocaina e di hashish a settimana, per un’entrata complessiva di circa 20 mila euro settimanali.
Due bande diverse con le stesse modalità
Per la precisione tale mercato era gestito da due diverse bande, che apparentemente non avevano collegamenti ufficiali, ma che condividevano lo stesso modus operandi: dopo aver piazzato la sostanza stupefacente, iniziavano ad effettuare una serie di minacce, facendo leva sulla moralità e sulla reputazione dell’acquirente, per sfilargli sempre più soldi.
Minacce di rendere note le identità dei consumatori
Del resto, in paesi molto piccoli come Artena e Segni, che non arrivano ai 10.000 abitanti ci si conosce tutti, le famiglie si frequentano e tutti sanno tutto di tutti; da qui la paura che gli spacciatori potessero in qualche modo compromettere il buon nome delle persone che, nel segreto delle loro case, consumavano droga. “Se non ci paghi la droga lo diciamo ai tuoi genitori o ai tuoi familiari”, queste le minacce ricevute dai debitori delle bande, tutti più o meno piccoli acquirenti che effettuavano gli scambi con i criminali nel centro del paese, vivendo nel terrore di essere scoperti dal genitore, piuttosto che dal professore o dal datore di lavoro. In molti casi si trattava invero di insospettabili professionisti che non potevano certo permettersi di rovinare la propria reputazione professionale e che, di conseguenza, preferivano assecondare le numerose richieste dei membri delle organizzazioni, peraltro operanti anche nelle città di Latina e Frosinone, con una clientela variegata: persone dai 20 ai 50 anni di qualunque estrazione sociale.
Ma anche estorsioni per recuperare i clienti inadempienti
Ma il peso della divulgazione delle informazioni relative al consumo di droga non era la sola spada di Damocle pendente sulle teste dei poveri consumatori. I clienti inadempienti erano inoltre destinatari di misure violente attuate dagli spacciatori per il recupero del proprio credito, i quali più volte palesavano il possesso di armi e la piena disponibilità ad utilizzarle in caso di necessità.
Addirittura uno degli insolventi era stato vittima di una grave estorsione, consumatasi attraverso il prelievo coatto della sua automobile da parte dei criminale, che l’avevano voluta quale pegno per i mancati pagamenti. Il debitore era stato costretto ad offrire un leasing per un’altra autovettura da consegnare direttamente agli aguzzini, al fine di recuperare la propria auto ed evitare spiegazioni in famiglia.
La disperazione porta a farsi giustizia da soli
Anche se non tutti i clienti erano rassegnati ai metodi violenti delle bande. Alcuni di loro decidevano invece di reagire alle continue minacce e violenze. Si pensi a quanto accaduto nell’agosto 2013, quando un debitore, esausto dalle continue richieste di denaro, accoltellava coloro che erano tornati per l’ennesima volta a minacciarlo facendoli finire direttamente in prognosi riservata. Anche se il prezzo di tutto ciò era l’arresto con l’accusa di tentato omicidio e la restrizione agli arresti domiciliari.
Le indagini investigative: spaccio di droga e altri reati
Le attività investigative iniziavano verso la fine del 2012 ed erano portate avanti dai Carabinieri di Colleferro sotto la direzione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Velletri, a cui si aggiungevano successivamente i colleghi di Frascati.
Attraverso tale attività di raccolta dati e di coordinamento e scambio delle informazioni, i militari dell’Arma riuscivano a ricostruire le varie attività delle due diverse bande operanti nelle aree sopra indicate, individuando i responsabili dei reati connessi allo spaccio di droga, i quali si erano macchiati, come i Carabinieri avrebbero poi scoperto, anche di altri tipi di delitti contro il patrimonio.
Tra i quattrodici destinatari delle misure e degli arresti vi erano infatti due pregiudicati accusati anche di ben sette furti in abitazione, consumati tra Valmontone, Colleferro, Segni e Artena, oltre a un gestore di un bar di Segni, due fratelli operai a Gavignano, un disoccupato, un cittadino albanese residente a Valmontone e quattro operai di Artena, dei quali uno risultava sin da subito irreperibile.
Nonostante il contenuto delle minacce effettuate, le forze dell’ordine non rintracciavano alcuna arma nella disponibilità delle bande, ancorché fossero state disposte diverse perquisizioni. È possibile che i membri stessero soltanto millantando una forza criminale superiore rispetto a quella realmente vantata.
Le misure adottate: 9 in carcere e 4 ai domiciliari
Su richiesta della Procura di Velletri il Giudice per le indagini preliminari di Velletri emetteva quattrodici ordinanze applicative di misure cautelari coercitive.
Per nove persone si aprivano le porte del carcere di Velletri, mentre quattro venivano poste agli arresti domiciliari e per una si prevedeva l’obbligo di firma presso i locali della Polizia Giudiziaria.
Le accuse: spaccio, estorsione e furto
Le accuse erano quelle di spaccio di sostanze stupefacenti, estorsioni e furti in abitazione.
Il primo reato è punito dall’art. 73 del d.P.R. 309/1990, che applica la pena della reclusione da sei a venti anni e la multa da 26.000 a 260.000 euro a chi coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope.
A ciò si aggiunge il delitto di estorsione per il quale il codice penale, all’ art.629 c.p., a sua volta prevede la pena della reclusione da cinque a dieci anni e la multa da 1.000 euro a 4.000 euro per chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno.
Infine, l’ultima accusa elevata, ossia il furto in abitazione, ci spiegano gli avvocati penalisti: è punita dall’art. 624 bis c.p., il quale prevede che chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 309 euro a 1.032 euro.
Insomma, si profilano condanne assai pesanti per i quattrodici arrestati coinvolti in tale giro criminale.
Piccoli paesi non significano piccola criminalità
Nonostante si possa pensare che in un piccolo paese come Segni, così come in quello di Artena, anche la dimensione criminale possa restare sempre a bassi livelli, in una dimensione embrionale che non si sviluppa mai per assenza di una clientela di lusso, così non è.
Al contrario, come visto, in paesi di dimensioni così ridotte è maggiore la pressione sociale cui si è sottoposti.
Si deve essere bravi figli, studenti, ragazzi, buoni mariti, padri e professionisti, e non si può convivere con quel lato b della natura umana sempre presente, che in certi luoghi non può mai emergere. Ed ecco che allora si diventa preda di criminali senza scrupoli, che iniziano dalla periferia per arrivare poi a mangiare nelle più grandi torte che le città offrono.