Segni: denunciata per truffa la direttrice di una banca
Nel marzo 2014 la direttrice della filiale Unicredit di Segni veniva denunciata per il reato di truffa, anche ai danni dello Stato e per possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi. Insieme a lei veniva denunciata l’ex badante di una donna deceduta tempo prima e un funzionario Inps accusato di omessa denuncia all’Autorità Giudiziaria quale incaricato di pubblico servizio.
Debiti, debiti e ancora debiti… per necessità o vizio
Tutti hanno dei problemi e in particolare molti hanno problemi finanziari. Chi di noi non ha mai pagato una rata? Il mutuo, la macchina, la televisione e magari anche lo smartphone ci costringono a vedere importi mensili che se ne vanno verso i nostri creditori e ci consentono di fronteggiare le esigenze quotidiane.
Ma ci sono anche altri tipi di debiti, quelli contratti per le ragioni sbagliate, per le dipendenze, per i vizi e per pagare cose che non dovrebbero proprio esistere nella vita di nessuno.
Debiti per gioco: una dipendenza che porta a gravi conseguenze
Uno di tali motivi per molte persone è rappresentato dal gioco. È una dipendenza a tutti gli effetti e produce, oltre a evidenti danni economici, anche danni alla vita famigliare, alla vita di coppia e alla vita sociale. Esiste soltanto il gioco. Si gioca più di quanto si guadagna, solo per quell’adrenalina che viene scaricata un attimo prima di scoprire di aver perso. Si continua a giocare solo per quel singolo attimo. Al pari delle sostanze stupefacenti, che più facilmente colleghiamo ad uno stato di dipendenza, anche il gioco induce a compiere azioni che magari se si fosse meno dipendenti non si compierebbero mai. Una di queste è rubare.
Una tentazione anche per una direttrice di banca di Segni
Ne sa qualcosa una direttrice di banca, per la precisione la direttrice della filiale di Unicredit del Comune di Segni.
La donna nel tempo aveva contratto debiti sempre più grandi, fino a non avere più la possibilità di onorarli. Era divenuta debitrice di numerose ricevitorie, a causa del vizio del gioco che da molti anni la accompagnava. Ecco allora che, al fine di uscire da questo circolo vizioso, ideava un piano astuto, o almeno così credeva, truffando il proprio datore di lavoro fino a rientrare delle perdite subite e, anzi, riuscendo ad ottenere anche dei profitti ulteriori.
Autorizzava prestiti personali a persone inesistenti per pagare i debiti
Vista la sua posizione privilegiata all’interno dell’istituto di credito, avendo la qualifica di dirigente, la direttrice aveva predisposto e deliberato la concessione di venticinque diversi prestiti personali intestati a soggetti inesistenti, per un totale di 700.000 euro, nel periodo compreso tra il 2004 e il 2009.
Il meccanismo era semplice: la donna creava dei conti correnti di cui aveva la disponibilità attraverso l’alterazione e la falsificazione dei documenti di riconoscimento di clienti della filiale e di loro famigliari, approvando poi l’erogazione di denaro in favore di tali soggetti inesistenti.
Il denaro così sottratto alla banca veniva poi girato sui conti correnti dei titolari delle ricevitorie con le quali la direttrice aveva dei debiti in sospeso.
Le indagini interne e poi la Guardia di Finanza
Le strane operazioni verificatesi in filiale tuttavia insospettivano l’istituto di credito, che avviava pertanto un’indagine interna volta alla verifica di tali spostamenti di denaro.
Dall’indagine interna successivamente si avviava poi anche l’attività investigativa delle forze dell’ordine di Segni e segnatamente della Guardia di Finanza, che iniziava una serie di accertamenti a carico della donna, fino all’ulteriore scoperta. Non solo la direttrice aveva apparentemente truffato la banca Unicredit, sua datrice di lavoro, ma nel perverso meccanismo di sottrazione di denaro erano coinvolti anche una donna, ex badante di una persona deceduta, nonché un funzionario dell’Inpdap.
Emerge anche una truffa ai danni dell’Inps
Dalle indagini emergeva infatti che l’indagata aveva percepito per ben 14 anni la pensione di una donna deceduta nel 1995, proprio grazie alla complicità dell’ex badante e del dipendente Inpdap, prima che questo fosse incorporato nell’Inps, che avevano ovviamente il loro tornaconto. Tale ulteriore operazione era fruttata nel tempo la bellezza di 165 mila euro.
Truffa, truffa i danni dello Stato, false scritture, falsi documenti: le accuse
A seguito dell’emersione di tutto ciò, la direttrice della filiale Unicredit di Segni, nonché l’ex badante, venivano denunciate per i reati di truffa, anche ai danni dello Stato, falsità in scrittura privata, possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi. Il funzionario Inpadap veniva invece denunziato per omessa denuncia in qualità di incaricato di pubblico servizio.
L’omessa denuncia a carico del funzionario
L’art. 362 c.p. impone difatti a chiunque ricopre il ruolo di incaricato di un pubblico servizio di denunciare immediatamente all’Autorità Giudiziaria un reato del quale abbia avuto notizia nell’esercizio o a causa del servizio; in caso di mancata o ritardata denuncia la pena è quella della multa fino a 103 euro.
Ben poca cosa rispetto alla pena cui probabilmente andrà incontro l’ex direttrice di banca. In primo luogo, è evidente che la condotta tenuta rappresenti una giusta causa per l’interruzione definitiva del rapporto di lavoro da parte della banca, in secondo luogo vi sono le conseguenze penali.
La truffa ai danni della Banca, allo Stato e il falso
L’art. 640 c.p. prevede che chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 51euro a 1.032 euro. La pena è aumentata, prevedendosi la reclusione da uno a cinque anni e la multa da 309 euro a 1.549 euro se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare, ovvero se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'Autorità.
A ciò si aggiunge l’accusa per falso, che aggrava ulteriormente la pena. L’art. 485 c.p. applica la pena della reclusione da sei masi a tre anni a chi, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, forma, in tutto o in parte, una scrittura privata falsa, o altera una scrittura privata vera. Al contempo l’art. 497 c.p. aggiunge la pena da uno a quattro anni per chi è trovato in possesso di un documento falso.
Il cumulo di sanzioni cui la donna andrà incontro, qualora dovesse essere condannata per i reati sopra riportati di cui è stata accusata, sarebbe parzialmente mitigato dall’applicazione della disciplina del reato continuato di cui all’art. 81 c.p., secondo la quale quando più reati sono commessi in attuazione di un medesimo disegno criminoso si applica la sola pena prevista per il reato più grave, ma questa può essere dal giudice aumentata fino al triplo.
Solo una mente offuscata può pensare di truffare una banca
Diciamo che truffare una banca non è cosa da poco. La vicenda in oggetto lo dimostra.
È possibile che per brevi periodi, e magari per piccole somme, si riesca a farla franca, ma a lungo andare è altamente improbabile che si riesca a sottrarre denaro a chi è il re della sottrazione di denaro. Un po’ come rubare a casa dei ladri.
L’esito di questa storia era già scritto sin dal principio, ma quando la mente è offuscata dai vizi e dalle dipendenze è difficile rendersene conto. Il gioco, al pari di una sostanza stupefacente, crea dipendenza e rovina la vita.
La sola differenza tra una dose di eroina e la possibilità di giocare come e quando si vuole è che la seconda è monopolio dello Stato e i guadagni sono statali, indi per cui non importa se ci si rovina, mentre con l’eroina guadagnano i privati e in quel caso le istituzioni sono pronte a salire in cattedra per ricordarci quanto faccia male.
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