Elezioni irregolari di Artena…o forse no
Il 22 novembre 2012 il Tar del Lazio dichiarava inammissibile il ricorso presentato dall’Avv. Pillitu, a nome dei firmatari dell’opposizione politica di Artena, volto ad ottenere l’annullamento delle elezioni del 2010, in virtù di presunte irregolarità nelle consultazioni e, segnatamente, in ragione dell’illegittima partecipazione della lista “Per Artena”, con candidato sindaco Vittorio Fiorentini.
Gli ennesimi dubbi avanzati dinanzi al Tar a seguito di elezioni, che questa volta si distingueva però da tutte le altre vicissitudini giudiziarie post elettorali, in quanto ad esser contestata era la partecipazione di un candidato uscito sconfitto dalle operazioni di voto. In altri termini, non si trattava di contestare l’elezione di un sindaco, ma, a giochi già fatti, di sollevare obiezioni in merito alla partecipazione di un soggetto che non aveva comunque avuto alcuna carica di rilevanza, se non quella di consigliere comunale di minoranza.
L’antefatto: le elezioni amministrative di Artena del 2010
Il 28 e 29 marzo 2010 presso il Comune di Artena si svolgevano le consultazioni elettorali per l’elezione del nuovo sindaco.
All’esito dello spoglio risultava vincitrice la lista Artena Futura, con 3.637 voti ottenuti, il cui capolista Mario Petrichella veniva pertanto eletto Sindaco di Artena. A seguire si posizionava la lista Crescere Insieme, con 3.156 voti e, infine, vi era la lista per Artena con candidato sindaco Vittorio Fiorentini, che si aggiudicava soltanto 2.162 voti, dei quali 800 ottenuti personalmente dal candidato.
Nessun dubbio quindi sui risultati; Mario Petrichella procedeva con la formazione della Giunta Comunale e il candidato Fiorentini finiva tra i consiglieri comunali di minoranza.
L’anomalo ricorso per illegittima partecipazione del candidato sconfitto
Ma non tutti risultavano soddisfatti di tale nuova compagine amministrativa e si decideva quindi di proporre ricorso innanzi al Tar per ottenere l’annullamento delle elezioni. Un ricorso che appariva prima facie alquanto strambo poiché, a differenza di quanto accade solitamente, non era rivolto ad evidenziare un errato conteggio delle schede o dei brogli elettorali che invalidavano l’elezione del Sindaco Petrichella, bensì a rilevare l’illegittimità della partecipazione del candidato Vittorio Fiorentini.
Non che ciò non potesse essere fatto. È evidente che qualsiasi tipologia di irregolarità può essere portata all’attenzione dell’Autorità Giudiziaria, in primis nell’interesse dei cittadini a che siano svolte correttamente le procedure elettorali. Ciò che ci si chiede più che altro è che tipo di interesse si possa avere a rilevare un vizio nella candidatura di un soggetto che non si posizionava neppure secondo nella corsa alla massima carica comunale.
Fatto sta che il ricorso veniva presentato in data 9 aprile 2011 e tramite esso i ricorrenti ponevano l’attenzione su alcune presunte violazioni dell’art. 58 del Testo Unico degli Enti Locali, d.lgs. 267/2000, in materia di incandidabilità.
In seguito alla presentazione di tali censure, l’attività della Giunta risultava paralizzata, in attesa della decisione giudiziaria. Un’eventuale annullamento delle elezioni avrebbe comportato difatti la perdita di validità di tutti gli atti compiuti dall’amministrazione così formata, ivi comprese le delibere relative alla proclamazione degli eletti (n. 14 del 15 aprile 2010) e alle varianti al Piano Regolatore Generale, facendo venir meno ogni certezza in ordine ai rapporti giuridici istaurati medio tempore dalla Giunta.
La decisione del Tar: un ricorso inammissibile
Anche il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, nel dichiarare inammissibile il ricorso avanzato, sottolineava il paradosso sotteso alla presentazione di tale istanza e che sarebbe derivato da un’eventuale annullamento delle consultazioni del 2010.
Nello specifico, il Collegio osservava come i ricorrenti avessero fornito ampia prova della giurisdizione del Giudice amministrativo e della propria legittimazione ad agire dinanzi al Tar, ma nulla avevano provato in ordine alla sussistenza di un interesse differenziato ed attuale tutelato dall’ordinamento giuridico. Perché si possa proporre un ricorso amministrativo è infatti necessario provare di avere un interesse legittimo specifico all’impugnazione dell’atto di cui si chiede l’annullamento, in questo caso la proclamazione degli eletti.
L’irrilevanza del ricorso circa i risultati elettorali
I Giudici non hanno fatto altro che ribadire quanto già sostenuto anche a livello politico e popolare, ovverosia l’irrilevanza della posizione del Fiorentini rispetto all’intera formazione della Giunta comunale. Secondo gli atti allegati in giudizio, la lista del candidato sindaco di cui si contestava la partecipazione risultava minoritaria rispetto all’esito finale delle elezioni, che avevano portato come visto alla nomina di un candidato di una diversa lista partecipante alle consultazioni. Osservava il Tar come l’accoglimento della domanda dei ricorrenti avrebbe portato alla paradossale conseguenza di vedere annullata l’elezione di un Sindaco in ragione della viziata partecipazione di un candidato che aveva ottenuto quasi la metà dei voti.
L’accertata ineleggibilità del Fiorentini importerebbe invero non soltanto la sua decadenza dalla carica di consigliere comunale, ma condurrebbe anche alla decadenza del diverso sindaco cha ha vinto le elezioni e dei suoi consiglieri comunali, traducendosi in un’impossibilità di governare il Comune, con conseguente necessaria indizione di nuove operazioni di voto.
Fatte tali considerazioni e affermata quindi la carenza di interesse dei ricorrenti, il Tribunale amministrativo respingeva il ricorso, dichiarandolo inammissibile, confermando di fatto i risultati elettorali del marzo 2010.
Un ricorso basato su un normativa superata
Nel caso sopra descritto a venire in questione, quanto meno sotto il profilo delle richieste dei ricorrenti, era il vizio relativo all’incandidabilità di uno dei capilista presentatisi alle elezioni. Si è infatti sostenuta la violazione dell art. 58 del Tuel proprio in materia di incandidabilità e incompatibilità.
Tuttavia, a tal proposito va segnalata una riforma normativa che ha profondamente mutato la disciplina relativa all’incandidabilità ad elezioni amministrative e statali, che ha abrogato il suddetto art. 58, sostituendolo con nuove e più stringenti previsioni.
La nuova normativa introdotta dalla “Legge Severino”
La disciplina oggi vigente è contenuta nella ormai celeberrima Legge Severino, d. lgs. 235/2012, entrata in vigore il 5 gennaio 2013, la quale all’art. 17 ha esplicitato una serie di abrogazioni tra cui rientra anche quella del suddetto art. 58 Tuel, le cui previsioni sono state sostituite dagli art. 10 e 11 della stessa legge.
Nel dettaglio, l’art. 10 elenca tutte le ipotesi di incandidabilità alle elezioni provinciali (ormai non più necessarie in seguito alla modifica delle modalità di composizione dell’amministrazione della Provincia), comunali e circoscrizionali.
L’ineleggibilità secondo le nuove normative
Ad esempio, si prevede l’esclusione di coloro che abbiano riportato condanne per il delittodi cui all’art. 416 bis c.p. di associazione di stampo mafioso, o per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, o ancora per il reato di porto, trasporto e detenzione di armi quando ne sia derivata una condanna non inferiore ad un anno di reclusione; di coloro che siano stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a sei mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio.
In generale a norma dell’art. 10, oltre alla lunga elencazione riportata nell’articolo, non possono essere candidati coloro che, con sentenza definitiva, siano stati condannati per un delitto non colposo alla pena della reclusione non inferiore a due anni.
A sua volta l’art. 11 contempla tutte le ipotesi in cui si debba procedere alla sospensione da una carica già assunta, comunque non superiore a diciotto mesi, in virtù di una sentenza di condanna non ancora definitiva. Sarà direttamente il cancelliere del Tribunale o la Procura a dare comunicazione al Prefetto dell’intervento di una pronuncia non passata in giudicato che importa la sospensione dalle cariche.
La necessità di evitare i ricorsi pretestuosi e senza fondamento
Al di là di valutazioni che attengono nel dettaglio alla legge Severino sulle ipotesi in cui ad un cittadino debba essere precluso l’elettorato attivo, la vicenda in oggetto ci consente di comprendere come sia necessaria la presenza di fondate ragioni per poter mettere in discussione l’intera proclamazione degli eletti a seguito di consultazioni elettorali.
È fondamentale che vi sia uno specifico interesse a ricorrere anche solo per fare in modo che il Tar entri nel merito delle censure mosse, senza bollare subito il ricorso come inammissibile.
Si tratta di una strada legittima, ma che va percorsa con convinzione e con un minimo di fondamento, anche perché, giova ricordarlo, ogniqualvolta viene dichiarata l’inammissibilità di un ricorso i Giudici amministrativi condannano il ricorrente al pagamento delle spese di giustizia, le quali per ciò che attiene al Tar non sono mai di poco conto, ammontando usualmente a migliaia di euro che vanno a sommarsi alle spese legali sostenute.
È bene pensarci bene prima di incamminarsi in un vicolo cieco.
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