La morte all'asilo di un bimbo a Monte Porzio Catone

monte porzio catone morte all'asiloA seguito di numerose indagini su quei fatti del 2013, che vedevano la morte improvvisa di un bimbo in asilo nido di Monte Porzio Catone, le autorità inquirenti non rilevavano alcuna responsabilità di quelle persone che avrebbero dovuto accudire e vigilare sulla salute di un bambino di appena un anno, lasciando i genitori in uno stato di disperazione in alcun modo lenito da una spiegazione razionale a tutto ciò, diversa dalla sola tragica volontà del destino.

Affidare i nostri figli ad altri, una necessità spesso sofferta

Esistono dei luoghi, delle persone, dei momenti della giornata, in cui necessariamente ci dobbiamo affidare ad altre persone, sebbene non sempre sia semplice, specie se a dover essere messi nelle mani di “estranei” sono i nostri figli.

Ogni genitore impara presto a convivere con i sensi di colpa per lasciare il proprio bimbo solo e, soprattutto, con la paura connessa alla mancata possibilità di essere presente in ogni momento, di poter vigilare su ogni istante della giornata del proprio bambino. Si fanno molte telefonate, si pensa in continuazione a cosa starà succedendo, si spera che le persone scelte per la cura dei figli, l’asilo individuato con accuratezza, la ludoteca selezionata con tanta fatica, siano effettivamente in grado di affrontare un così delicato compito con responsabilità e con la dedizione necessaria ad un lavoro che non è solo un modo per produrre reddito, ma che rappresenta qualcosa di molto più importante: si custodisce il futuro, la vita dei bambini e anche quella dei genitori.

Nella maggior parte dei casi tale compito è svolto da personale qualificato e, alla fine della giornata lavorativa, si torna senza problemi a recuperare i propri cuccioli per riportarli nel calore delle mura domestiche.

In alcuni rari giorni, per alcune persone, tuttavia, non è così.

A volte si avvera l’incubo peggiore immaginabile: si riceve una telefonata dal luogo in cui il nostro bambino si trova, per sentirci dire che è successo qualcosa. E già il cuore si ferma e il respiro si spezza. La comunicazione va avanti e si è costretti ad ascoltare qualcosa che ci cambierà per sempre la vita, che interromperà per sempre ogni auspicio di serenità e tranquillità: la vita di nostro figlio è terminata.

Un dramma improvviso e la disperazione dei genitori

Tale drammatica notizia giungeva nel 2013 ad una coppia di genitori di Monte Porzio Catone.

Era il 29 maggio, quando da uno degli asili nido del paese, il Paperogo, sito in Via Formello, arrivava la comunicazione che il bambino, che non aveva neppure compiuto un anno, era stato trovato dalla maestra privo di conoscenza. Subito accorreva la mamma e veniva effettuata una precipitosa corsa verso l’ospedale di Frascati. Nel frattempo gli operatori del 118, prontamente allarmato, tentavano di eseguire le operazioni per la rianimazione del piccolissimo corpo. Si rivelava tutto inutile. Il bimbo moriva non appena giunto in ospedale.

Indagini immediate per comprendere le cause e le eventuali responsabilità

Come è inevitabile che fosse, non appena verificatosi il fatto la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Velletri, competente per territorio, avviava le indagini necessarie a comprendere se vi fossero state delle responsabilità del personale dell’asilo nido e se in qualche modo l’operato di questo avesse influito o in qualche modo concorso al decesso del piccolo.

L’indagine era eseguita dai Carabinieri della compagnia di Frascati, coordinati dal capitano Giuseppe Iacoviello.

Il primo passo era rappresentato dall’autopsia sul corpicino, che non veniva disposta dalla magistratura, bensì da parte della Asl.

Tante ipotesi, ma nessuna certezza

Inizialmente, prima che l’intervento del medico legale fornisse l’esito dell’esame, le ipotesi avanzate erano le più svariate. Si parlava di Sids, suddeninfantdeathsyndrome, la c.d. morte in culla che colpisce i neonati da un mese ad un anno di età, ma anche della presenza di una malformazione congenita e di mancata vigilanza da parte del personale e di non tempestivo intervento delle maestre.

I carabinieri procedevano alla raccolta delle sommarie informazioni rese dai dipendenti dell’asilo e dalle persone presenti sul posto, così da chiarire se dovessero esservi iscrizioni nel registro degli indagati edessere formulate imputazioni.

Le illazioni venivano immediatamente bloccate dal sopravvenire dei risultati dell’autopsia: la causa della morte era da rintracciare in un soffocamento da rigurgito.

La mancata vigilanza e custodia di minori: le responsabilità penali e civili

In questi casi è essenziale valutare se le educatrici presenti siano in qualche modo venute meno al loro compito di vigilanza e custodia dei bambini affidati loro. Obbligo imposto dalla legge, la cui violazione potrebbe produrre conseguenze anche molto gravi: dalla responsabilità civile per i danni eventualmente riportati dai minori sino alla più grave responsabilità penale in caso di morte. L’imputazione potrebbe essere quella di omicidio colposo.

Va infatti ricordato che tale reato, previsto e punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni dall’art. 589 c.p., si può configurare anche nella forma omissiva, ossia in tutte quelle ipotesi in cui sarebbe stato doveroso intervenire e, in ragione del mancato intervento, si è determinato l’evento morte.

Le responsabilità di chi ha la custodia di minori

Più in generale invero i reati omissivi, che si consumano con una condotta di astensione e non con un’azione, sussistono ogniqualvolta la legge attribuisca ad un soggetto una posizione di garanzia, posizione frustrata e inosservata dal mancato doveroso intervento.

Questo è quello che accade agli educatori, alle maestre e più in generale ai soggetti a cui sui stata affidata la cura di persone minori, che non hanno la possibilità di gestione autonoma e di provvedere a sé stessi.

Sempre secondo un’analisi ad ampio raggio, va anche detto che può sussistere in capo a tali soggetti anche una responsabilità civile per culpa in vigilando. L’art. 2048 c.c. statuisce che il padre e la madre, o il tutore sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi; i precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza.

A tale responsabilità per i danni causati dalle persone su cui si vigila, si aggiunge la responsabilità per i danni invece riportati dai soggetti su cui si sta vigilando. In tal caso la responsabilità potrà essere individuata nella più ampia formula della responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 2043 c.c., secondo cui qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che l’ha commesso a risarcire il danno.

In altri termini, se si provasse che la morte di un bimbo sia stata causata da un comportamento negligente della maestra, quest’ultima, oltre ad essere incriminata per omicidio colposo, potrebbe essere chiamata a rispondere, insieme alla struttura per cui lavora, anche sotto il profilo civilistico, con conseguente riconoscimento dell’obbligo di ristorare i nocumenti arrecati.

Nel caso di specie, tuttavia, gli inquirenti all’esito delle investigazioni non ritenevano di formulare alcuna accusa, aderendo all’ipotesi di morte naturale del bimbo.

Accettare la cruda realtà che non sempre ci sono colpevoli

Quando accadono episodi di siffatta natura il bisogno dei genitori è normalmente quello di trovare delle risposte; a volte forse, oltre alle risposte è possibile che cerchino anche dei colpevoli, qualcuno su cui riversare tutta la propria rabbia per accadimenti tanto assurdi.

Eppure non sempre c’è un colpevole da mettere alla gogna. Nonostante tali episodi di cronaca generino la corsa all’impiccagione, a volte ci si deve arrendere all’evidenza: può accadere anche ciò che non vorremmo mai, ma non per questo si deve confondere tale aspetto con responsabilità giuridiche insussistenti.

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