L'amianto ad Acilia
Non c’è più neppure un bambino che non sia a conoscenza delle disastrose conseguenze dell’amianto sul corpo umano, dell’effetto altamente cancerogeno che la respirazione delle polveri sottili di tale materiale produce nell’organismo.
È per questo che sin dal 1992 l’amianto, prima comunemente utilizzato nell’edificazione di palazzine e nell’edilizia in generale, è stato dichiarato illegale per gli usi edilizi, essendone oramai vietato l’utilizzo.
Non solo, proprio in virtù delle scoperte scientifiche che hanno consentito di conoscere gli effetti di tale sostanza, ne è stata disposta la rimozione obbligatoria in tutti quei luoghi ove era stata utilizzata, essendo obbligatoria la c.d. bonifica.
In particolare l’art. 13 della legge 27 marzo 1992 n. 257 prevedeva il divieto di estrazione e produzione di materiali contenenti amianto, nonché il divieto di commercializzazione di tutti i prodotti contenenti detta sostanza, elaborando anche dei piani per la progressiva fuoriuscita dal problema della tossicità di una sostanza sino a quel momento di comune utilizzo nell’edilizia.
Da quel momento sono state adottate ulteriori misure anche a protezione dei lavoratori che quotidianamente avevano a che fare con l’eternit, come la legge 271/93 recante disposizioni urgenti per i lavoratori del settore dell’amianto e il d.lgs 374/1993 in materia di mansioni usuranti.
Eppure a tali disposizioni non è seguita di certo una corsa allo smaltimento dell’amianto, anzi, la verità è che tutti hanno proceduto alla sua rimozione solo in occasione di ristrutturazioni importanti o demolizioni, lasciando invece tutto così com’era negli altri casi.
Ed è proprio questo che è accaduto ad Acilia, nella case popolari, dove si preferito sorvolare sulla presenza di Eternit e non affrontare gli elevati costi che la bonifica comporta.
Nello specifico, ad Acilia vi è una palazzina della morte e della sofferenza; si tratta di quella sita in Via Telemaco Signorini, civico 18 lettera D, composta da quattro scale e abitata da 48 famiglie, che giorno dopo giorno devono confrontarsi con la malattia e con il dolore causati dalla presenza di amianto, nonchè i costi dei processi patrocinati dagli avvocati.
Secondo le testimonianze dei condomini, tale sostanza pioverebbe dai balconi nelle giornate di maltempo. Si trova ovunque e a quanto sembra l’avanzato stato di dissesto del palazzo non farebbe altro che causare il dissolvimento delle polveri, le quali inesorabilmente sono quindi respirate dagli abitanti dell’edificio da quarant’anni.
Recentemente una donna ha perso il marito a causa di un cancro e la stessa sorte è toccata ad una vicina di casa.
Il tutto sotto gli occhi volutamente distratti del Comune e delle autorità.
I morti di tumore e le segnalazioni
I condomini non sono stati certo a guardare e ad aspettare che il loro destino si compiesse ad opera di una polvere che respirano inconsapevolmente.
Mentre i balconi cadono a pezzi e l’intonaco si sgretola liberando la sostanza cancerogena, gli inquilini delle case popolari hanno effettuato molteplici segnalazioni al Comune, affinchè intervenga con delle opere di manutenzione che dopo più di quaranta anni dalla costruzione degli edifici sono ormai divenute indispensabili.
I ripetuti solleciti hanno avuto un solo risultato, quello di veder montate delle impalcature senza che nessuno mai iniziasse concretamente i lavori. Anzi, dal momento della loro costruzione queste sono anche cadute più volte.
Gli inquilini però non si sono arresi e hanno denunciato il tutto al Comune, alla Rome Gestioni, ai Vigili del Fuoco, ai Carabinieri e al Municipio. Ma niente. L’unico cenno di vita delle istituzioni è stato rappresentato da un sopralluogo eseguito dai Vigili del Fuoco che però non sono più tornati.
Le persone al di fuori del raccordo anulare, ma anche dentro, sono lasciate al loro destino. Il Comune di Roma non ha i soldi per alcun tipo di intervento, non ha i soldi per le questioni della massima urgenza né per nessuna altra questione.
Del resto, a chi importa se in una scala in cui vivono 12 famiglie otto persone sono morte di tumore.
Respirazione dell'amianto, e il tempo che scorre
Non è questa la sede per commenti e opinioni sui bilanci dell’amministrazione capitolina. In fondo, a qualunque colore o partito politico si appartenga, sarebbe come dare il colpo di grazia ad una persona ormai inerme ed esangue.
Però ci sono temi e materie che non possono passare sotto silenzio, che devono essere costantemente poste all’attenzione dei più distratti, alcuni dei quali ricoprono cariche e ruoli istituzionali utili soltanto ad evitare il traffico delle strade consolari di Roma grazie a sirene accese all’occorrenza.
La situazione delle case popolari di Acilia non costituisce certamente un caso isolato che si pone come macchia su un lenzuolo candido, tutt’altro. Nelle periferie di Roma, meno esposte a vetrine nazionali ed internazionali, l’amianto rappresenta un problema con cui convivere quotidianamente, sebbene al suo smaltimento si sarebbe dovuto provvedere da circa vent’anni.
L’assenza di risorse economiche, che costituisce il fulcro della questione, ha portato a sorvolare, ad andare oltre, a rimandare l’adozione delle giuste misure. Nell’attesa però le persone si stanno ammalando, se ne stanno andando, i bambini che lì stanno crescendo sono sottoposti giorno dopo giorno alla respirazione delle polveri tossiche.
Non c’è più tempo.
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