Rapina con accoltellamento a Re di Roma

re di romaIl 12 giugno 2015 le forze dell’ordine di Roma, specificamente gli agenti del Commissariato San Giovanni, procedevano all’arresto di un giovane romano di diciannove anni coinvolto qualche ora prima in una rapina nei pressi della Piazza Re di Roma, segnatamente in via Ardea, a danno di altri ragazzi che si stavano intrattenendo in zona. Il ragazzo, dopo esser stato fermato, veniva immediatamente accompagnato presso il Commissariato Viminale e accusato di rapina aggravata e tentato omicidio.

Presumibilmente tali reati erano stati commessi dal giovane in concorso con un altro ragazzo il quale, tuttavia, non veniva rintracciato in quanto con ogni probabilità aveva già provveduto a scappare, sottraendosi alle ricerche delle forze di Polizia.

Non reagire ad una rapina per evitare il peggio

Non si è mai al sicuro, neppure durante un’uscita con gli amici in una calda serata d’estate romana. Può sempre accadere che ci si trovi coinvolti in qualche spiacevole incidente, o che per quella sera si diventi la vittima predestinata di qualche pazzo, o peggio ancora di qualche delinquentucolo che fa dell’illegalità l’unica fonte cui abbeverarsi.

L’ideale in questi casi sarebbe non reagire, assecondare i desideri di questi criminali che non hanno nulla da perdere e di cui non possiamo prevedere le reazioni; ma è certamente più facile a dirsi che a farsi, poiché con ogni probabilità in quei momenti in cui si viene aggrediti il pensiero lucido e razionale scompare e lascia il posto alla rabbia, al nervosismo, al desiderio di non consentire che un’ingiustizia abbia luogo.

A Re di Roma una rapina e finita con l’accoltellamento

È quanto accaduto quel 12 giugno 2015 in Via Ardea, quando un uomo, in compagnia di un amico, veniva avvicinato da due ragazzi che tentavano di rapinarlo.

In un primo momento questi iniziavano a frugargli nelle tasche e riuscivano ad estrarre addirittura la somma di 1.000 euro, successivamente, in seguito anche alla reazione dell’amico dell’uomo rapinato preso a schiaffi e pugni, ne nasceva una vera e propria rissa che terminava con l’accoltellamento del rapinato.

I due giovani criminali erano difatti armati e, al fine di assicurarsi il prezzo del bottino, estraevano un coltello che piantavano nel fianco sinistro dell’uomo, ferendolo in maniera non affatto lieve e dandosi poi alla fuga.

Molto probabilmente nel corso della colluttazione anche colui che aveva con sé l’arma riportava un taglio alla mano.

Testimonianze oculari portano ad effettuare una ricerca nei dintorni

Intervenuti sul posto in seguito alla segnalazione di una lite, gli agenti del Commissariato di San Giovanni, iniziavano a raccogliere le prime informazioni da passanti e da persone che erano presenti sul luogo e che avevano assistito all’intera scena.

In questo modo, gli stessi venivano resi edotti della circostanza che vi era stata una rissa in cui uno dei quattro ragazzi era armato di un coltello e che tra coloro che si erano allontanati all’arrivo della polizia vi era un ragazzo con la camicia sporca di sangue. Subito quindi gli agenti procedevano ad effettuare una breve battuta nelle vie limitrofe, finché scorgevano un ragazzo che, ferito ad una mano, stava cercando di sciacquarsi ad una fontanella posizionata nei giardinetti immediatamente adiacenti alla zona ove si erano verificati i fatti.

Il ragazzo individuato si rifiuta di farsi condurre in ospedale

Il giovane rintracciato rifiutava immediatamente di essere trasportato in ospedale per le cure del caso e, durante i controlli dei documenti, i poliziotti apprendevano grazie al lavoro della locale sala operativa che anche altre due persone poco prima erano state ricoverate in ospedale per ferite da arma da taglio, probabilmente perché coinvolte nella medesima rissa. A quel punto gli agenti, dopo aver accompagnato il ragazzo rinvenuto presso il Commissariato Viminale, si recavano in ospedale per ascoltare gli altri due uomini e tentare così di ricostruire la dinamica degli accadimenti.

La vittima in ospedale chiarisce la dinamica degli eventi

Uno dei feriti, accoltellato ad un fianco, riferiva come erano andate le cose, raccontando della tentata rapina e dell’estrazione del coltello da parte di uno dei rapinatori. La descrizione da questo effettuata dell’uomo che aveva impugnato l’arma bianca e lo aveva ferito corrispondeva esattamente a quella del giovane poco prima fermato dagli agenti di polizia.

Il giovane fermato e accusato di rapina e tentato omicidio

Con tutte le informazioni a disposizione e il completamento del quadro indiziario, i poliziotti ponevano in stato di fermo il giovane diciannovenne, lasciandolo a disposizione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma per tutte gli interrogatori necessari e per l’eventuale richiesta al Gip della convalida del fermo e dell’applicazione di una misura cautelare.

Le accuse mosse consistevano nella rapina aggravata e nel tentato omicidio, reati previsti rispettivamente dall’art. 628 c.p. e dagli artt. 56 e 575 c.p.

La rapina e le aggravanti nel nostro ordinamento

La prima disposizione statuisce che chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, è punito con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da 516 euro a 2.065 euro. Alla stessa pena soggiace chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l’impunità, è questa l’ipotesi della c.d. rapina impropria.

La norma prevede poi una serie di circostanze aggravanti che importano l’applicazione della pena della reclusione da quattro anni e sei mesi a venti anni e della multa da 1.032 euro a 3.098 euro; tra queste rientra l’aver commesso la violenza o minaccia con armi o da più persone riunite.

L’ omicidio e il tentato omicidio

Al contempo l’art. 575 c.p. dispone che chiunque cagiona la morte di qualcuno è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno. La pena è diminuita da un terzo a due terzi nel caso in cui l’autore, pur avendo compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco alla commissione del delitto, non sia riuscito nel suo intento di cagionare la norma; ciò è previsto dall’art. 56 c.p.

Ve anche detto che, nel caso di specie, qualora il ragazzo sia sottoposto a processo e giudicato colpevole, si applicherà l’istituto del reato continuato di cui all’art. 81, il quale consiste nell’applicazione della pena prevista per il delitto più grave, aumentata sino al triplo, ogniqualvolta l’autore compia più reati tutti in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, proprio come avvenuto in questo caso.

Rapina certamente si, ma tentato omicidio è troppo

Non conoscendo gli atti di indagine e gli esiti delle sommarie informazioni raccolte dagli investigatori, è possibile soltanto fornire un’analisi superficiale da un punto di vista giuridico, che tenga conto solo di quanto emerso dalla cronaca a dai racconti di terze persone.

Su tali basi, è possibile osservare come le accuse mosse all’unico dei due giovani fermato dagli agenti di polizia siano forse troppo pesanti rispetto all’accaduto. Non si discute la contestazione della rapina aggravata, essendo perfettamente sussumibile l’episodio nelle previsioni di cui all’art. 628 c.p., tuttavia meno comprensibile sembra l’incolpazione per tentato omicidio.

Ci deve essere l’intenzione di uccidere

Affinché si possa effettuare una simile contestazione è necessario provare che l’intento dell’autore fosse quello di uccidere e non semplicemente assicurarsi il bottino della rapina; è cioè necessario un elemento soggettivo ulteriore rispetto a quanto connesso al reato di rapina.

Non sappiamo se sia stato così e se la Procura riuscirà a provare l’intento omicida nel corso del processo, ma da ciò che appare, vista anche la giovane età del fermato, sembrerebbe che lo scopo principale della condotta fosse quello di impossessarsi di una somma di denaro, anche utilizzando la violenza, come è tipico della rapina, e non quello di uccidere la vittima.

Non è azzardato ipotizzare che nel corso della colluttazione vi sia stata una reazione eccessiva e l’uso del coltello con il solo scopo di provocare delle lesioni che mettessero “fuori gioco” la vittima e consentissero di portare via il denaro. Voler uccidere è un’altra cosa. 

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